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Col Moschin

Il 9° reggimento d'assalto paracadutisti "Col Moschin" (comunemente chiamato il Nono) è l'unico reparto di forze speciali dell'Esercito Italiano, abilitato ad operazioni non convenzionali in territorio nemico. Il Reggimento Col Moschin appartiene alla Brigata Paracadutisti Folgore e tiene in custodia la bandiera del X Reggimento Arditi. Dal 1995 nel quadro di ristrutturazione dell'Esercito Italiano è passato da Battaglione a Reggimento. Punta di diamante dell'Esercito Italiano, è composto da uomini superaddestrati e superselezionati, che diverranno, superato un durissimo addestramento dalla durata di più di due anni, incursori. L'ottanta per cento dei selezionati avviene dai reparti convenzionali della Brigata Paracadutisti Folgore. La base centrale del Reggimento è di stanza a Livorno presso la Caserma Vannucci, tuttavia esiste una base su un isola inaccessibile, la "BAI", base addestramento incursori, dove avviene la prima fase degli aspiranti commando. Le fasi successive di addestramento avvengono in tutte le parti del mondo, dalla neve alla jungla, rendendo così questi combattenti d'elite capaci di operare in qualsiasi scenario.  

Operatività
 
1.1 Achille Lauro
1.2 Somalia
1.3 Ruanda
2 Gladio e Gladio 2  
Il reparto è stato protagonista di numerose operazioni militari ed antiterroristiche in tutto il mondo, ed è l'unico ad aver partecipato a tutte le missione all'estero dell'Esercito Italiano dal dopoguerra ad oggi.In particolare, nel decennio che va dal 1985 al 1995, gli "incursori" sono stati protagonisti di famosissime e delicati operazioni antiterroristiche, nonchè combattimenti veri e propri in scenari di guerra.  

Achille Lauro
 
Lunedì 7 ottobre 1985, il giorno del sequestro dell'Achille Lauro (avvenuto alle ore 13:15), già in tarda serata 60 incursori arrivarono alla base militare di Akrotiri, nell'isola di Cipro, messa a disposizione dal governo britannico, pronti ad intervenire seguendo un piano sviluppato insieme all'UNIS del COMSUBIN, che fece letteralmente strabuzzare gli occhi ai colleghi americani del Team Six dei Navy SEAL, presenti in fase di pianificazione. Il piano era sulla linea della perfezione. I sessanta operatori del Col Moschin, avrebbero dovuto effettuare una "saturazione a macchia d'olio" e lo sgombero degli ostaggi, mentre gli operatori UNIS del COMSUBIN avrebbero effettuato l'irruzione iniziale. Fortunatamente i fatti andarono diversamente e prevalse la linea diplomatica.  
Somalia

Il 13 dicembre 1992, scattata l'operazione Restore Hope in Somalia, un C-130 Hercules della 46^ Aerobrigata arrivò a Mogadiscio con una squadra di Incursori del 9° rgt. "Col Moschin". Gli operatori occuparono il palazzo dell'ambasciata italiana, lasciata abbandonata dopo lo scoppio della guerra civile nel 1991. Il 5 giugno 1993, alle 09:30 un flash del corrispondente dell'Ansa Remigio Benni, unico giornalista presente a Mogadiscio, parla di "situazione drammatica, disordini e sparatorie". Un reparto di caschi blu pakistani cade in un imboscata dei miliziali somali del Generale Aidid nei pressi di Radio Mogadiscio: 24 soldati sono massacrati a colpi di Kalashnikov e di mitragliatrice. Solamente l'intervento di circa 20 incursori, guidati dal tenente colonnello Marco Bertolini, evita una strage di proporzioni ciclopiche. Gli operatori italiani cominciarono un combattimento corpo a corpo, portando in salvo circa 80 pakistani. Quattro settimane dopo, il 2 luglio 1993, c'è il fatidico attacco al pastificio, la più grande azione di guerra nella storia della Repubblica Italiana. Le squadre speciali italiane, insieme agli altri paracadutisti della Folgore, riuscirono a salvare molti militari italiani rimasti intrappolati in un imboscata congeniata dai miliziani somali, pagando però a caro prezzo: 3 morti e 26 feriti. Una perdita per gli incursori, il sergente maggiore Stefano Paolicchi, 30 anni, colpito sul lato destro della milza, nell'unica parte non protetta dal giubetto antiproiettili. Per le sue gesta verrà decorato con la medaglia d'oro al valor militare.  

Ruanda

Rientrati in Italiana furono subito "spediti", nel maggio del 1994, in Ruanda con il compito di esfiltrare, vivi, civili italiani dalla terra africana martoriata dalla guerra. Operazione riuscita alla perfezione.  

Gladio e Gladio 2
  
Va ricordato anche il coinvolgimento nelle presunte strutture Gladio e Gladio 2. Sull'esistenza Gladio 2 cercò invano di indagare, nel 1995, il giudice di Venezia Carlo Mastelloni. Mastelloni cercò di indagare sull'esistenza di un'organizzazione paramilitare denominata appunto Gladio 2, composta da operatori delle forze speciali italiane. Ma il suo lavoro fu interrotto quando chiese la declassificazione di quattro documenti riguardanti i piani addestrativi del Col Moschin. I documenti, tutti coperti dal massimo della segretezza, furono a lui negati da parte del comandante del reparto. Intervenne allora il Presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi, facendo pervenire la richiesta agli alti comandi della NATO. Inutilmente, nella richiesta, il magistrato aveva sottolineato di procedere in un’inchiesta per strage sulla quale non è opponibile il vincolo del segreto. L'allora segretario generale della NATO Willy Claes rispondeva che sui documenti richiesti vigeva il massimo della segretezza dell'Allenza Atlantica, e la faccenda morì lì.